Abbazia di Santa Maria in Elce

Fondata nella seconda metà del X sec., un documento longobardo del 1017 autorizza il frate Dauferio nel nominare il suo successore. Nei due secoli successivi l’abbazia crebbe d’importanza, tanto da ottenere proprietà e altri edifici religiosi minori. Ottenne il titolo di Universitas (attuale Comune) e poderi nelle campagne circostanti, fino a 500 fuochi (famiglie). L’avvento dei Gesualdo come feudatari di Calitri, è l’inizio di problemi e del declino, poiché la nobile famiglia non accetterà mai l’indipendenza e la ricchezza di questa struttura religiosa, ed infatti, ne otterranno la commenda con il conseguente abbandono da parte dei religiosi prima, e dei coloni dopo, a seguito di un bando che ne imponeva la partenza. Dell’antica costruzione benedettina sulla cima della collina, completamente abbandonata a fine XVI secolo (probabilmente nel 1597), sono visibili, tra la vegetazione, i resti della cinta muraria e della chiesa abbaziale.

Le murature emergenti in pietra locale sono rappresentative della tipologia edilizia degli insediamenti fortificati medievali. Trattasi di un esempio di abbazia fortificata. Numerosi ambienti voltati sono interrati. Sono visibili lungo i versanti della collina, sommersi dalla vegetazione, a valle della cinta muraria, i resti delle costruzioni abbandonate alla fine del XVI secolo. Interessante anche la leggenda del ritrovamento, su questa collina, di un’immagine della Madonna tra la vegetazione, dettaglio che fa pensare alla presenza di un cenobio basiliano. I monaci greci di rito greco erano in cerca di luoghi isolati dove potere venerare le immagini sacre bandite nell’Impero Romano d’Oriente (Bizantino). Non ci sono prove che supportino questa ipotesi, ma numerosi sono i luoghi tra Basilicata e Irpinia dove essi sono attestati.

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